Testo descrittivo: giallo

Uno strano presentimento

In un paesino sperduto di nome Oslok in Norvegia , non volava neanche una mosca. Le uniche presenze erano le forze dell’ordine, ma questo per un inquietante motivo:  in giro per la città c’era un serial Killer. Un giorno, una ragazzina straniera di soli dodici anni il cui nome era Kayla, si trasferì in questo paesino sperduto ma lei non sapeva nulla di quel che stava accadendo. Lei aveva una sorella maggiore di quattordici anni il cui nome era Grace, era molto solare, curiosa e soprattutto amava vestirsi alla moda e fare sempre shopping, ma una cosa che la distingueva da tutte le ragazzine sue coetanee era che odiava i trucchi. Kayla aveva una migliore amica che convinse i suoi genitori a trasferirsi nello stesso paese di Kayla, lei si chiamava Dalya e passava ogni attimo della sua vita con Kayla e abitare a più di duecento chilometri di distanza sarebbe stato molto triste essendo migliori amiche dalla prima elementare. Un giorno Kayla e Dayla si misero d’accordo per andare assieme a scuola, allora si incontrarono davanti casa di Dayla e si incamminarono verso la scuola media che non era molto vicina anzi, a piedi erano circa venti minuti e alla mattina era molto freddo. Arrivate a scuola, seguendo le indicazioni di Google Maps, si sentirono come fossero sole, ma non era solo una sensazione, erano veramente da sole, non c’era alcuno studente e la scuola era chiusa ma si accorsero di un grosso poster sulla vetrina della scuola con scritto su di esso “Scuole chiuse, il killer è ancora in città!” Letto questo, le due ragazzine saltarono in aria e si misero a correre verso il supermercato di Oslok che di sicuro, anche se non era casa, era più vicino. Arrivate, entrarono in fretta e furia chiedendo più spiegazioni di quel che stava accadendo ai lavoratori del supermercato, poi i commessi chiesero se le dovevano accompagnare a casa e le ragazzine accettarono. Arrivarono a casa di Kayla che era di sicuro più vicina di quella di Dayla. Entrate nel soggiorno, si accorsero che c’era un clima molto teso,  i suoi genitori erano nel panico per qualcosa e mancava qualcuno, proprio sua sorella maggiore Grace. Le ragazzine non avevano la minima idea di cosa fare, chiedere o stare mute ma alla fine chiesero il motivo del loro comportamento e scoprirono purtroppo della scomparsa di Grace, dicevano che era uscita anche lei per andare a scuola ma non tornava e non rispondeva più al telefono. Si erano già sentiti con la polizia ma nessuna traccia di Grace. Kayla non perse tempo e andò nella sua cameretta con Dayla a fare varie ricerche e trovarono un’investigatrice famosa e molto astuta nel suo lavoro che si chiamava Allyson Burcklay, trovarono finalmente il numero e non persero tempo per contattarla. La detective rispose, le ragazzine le spiegarono da cima a capo e le chiesero di venire a Oslok. L’investigatrice non lavorò al caso solo dagli indizi forniti dalle due ragazzine, ma si diresse direttamente alla scuola di Grace, trovò un indizio, il suo zaino e la felpa che indossava quel giorno. L’investigatrice ebbe uno strano presentimento, come se qualcuno avesse rapito Grace lasciando indizi. Ma si disse che era fin troppo strano e continuò a investigare mattina e sera. I telegiornali continuavano ogni giorno a dire di tutti i casi ancora non risolti e le famiglie non osavano uscire di casa per alcun motivo. Dopo sei giorni senza avere notizie di Grace, l’investigatrice riuscì a trovare il telefono di Grace su un terreno abbastanza isolato dal paese e senza alcuna abitazione, l’investigatrice forse aveva capito. Una mattina, Kayla e Dayla, di nascosto decisero di dirigersi sul terreno in cui era stato trovato il telefono di Grace. Lì, a parte erba e terra non sembrava esserci nulla, fino a quando trovarono una strana botola dal colore bianco non più visibile per via della ruggine, volevano cercare di aprirla, anche se dovevano tornare a casa il prima possibile per non farsi scoprire. Dayla però si fece coraggio, si rimboccò le maniche e cercò di aprire ugualmente la botola. Era tardi e dovevano tornare a casa. Entrate, fecero finta di nulla, si tennero sempre aggiornate e avevano idea di tornare ad aprire la botola. Precisamente due giorni dopo decisero di riprovarci, e si incontrarono direttamente lì portandosi anche un panno per non farsi male. Riuscirono dopo mille sforzi ad aprirla. All’entrata c’erano scale infinite e piene di ragnatele; superate le scale si trovarono in un corridoio cupo e scuro con tantissime porte con serrature e allarme. Sentirono poi, il vocione forte e cupo di un uomo, si avvicinarono sempre di più e si trovarono davanti a una porta come le altre. Sentirono anche una voce docile e femminile quasi da sembrar intimorita. Sapevano di non poter entrare subito, non si arresero, anzi, stavano cercando una maniera per aprire la porta senza fare una brutta fine. Nel mentre che cercavano, non sentirono più quella cupa voce maschile e decisero di provare a parlare con la ragazza. Le dissero se c’era qualcun altro con lei e lei rispose che era appena andato via un uomo malvagio, e si accorsero subito che era Grece. Le ragazzine trovarono una forcina e pensarono di usarla per aprire il lucchetto della serratura. Aprirono e videro l’orrore che sta vivendo Grace: era sporca, non aveva mangiato, aveva delle ferite. Non persero tempo e le misero una giacchetta e delle scarpe, se le infilò di fretta e la portarono fuori dalla botola, dove nel frattempo era arrivata anche l’investigatrice. Tornarono tutte a casa contente dal fatto di aver ritrovato Grace e i genitori scoppiarono in un mare di lacrime. Kayla e Dayla spiegarono tutto l’accaduto. L’investigatrice trovò anche il colpevole, il cosiddetto serial killer: Marck Sleiver, un uomo di sessanta anni già segnalato per vari abusi. Trovata Grace e il colpevole, tutti erano più tranquilli, i bambini tornarono a scuola e non c’era più alcun pericolo.    

Maria Francesca, 1C


Il furto dell’anno: il diadema scomparso

In un palazzo di Venezia si stava per dare una festa in onore del compimento dei 18 anni di Mary, figlia del Lord Simon De Morrison, un popolare aristocratico della città.
Essendo benestante, la famiglia De Morrison volle organizzare una grande festa, invitando tutte le famiglie più importanti, famose, conosciute e altolocate di Venezia.
Si sarebbe tenuta un sabato di una fresca serata di maggio. Mary sembrava vanitosa e arrogante, ma in realtà era molto paziente, simpatica e modesta. Tuttavia era obbligata a mostrare quel carattere con gli altri, perché secondo il padre, coloro che si dichiaravano amici potevano approfittarne e rubarle dei suoi soldi.
La sera della festa Mary era in camera sua e si stava preparando insieme alla domestica, quando il padre la chiamò per dirle che doveva essere pronta entro dieci minuti. Indossava un bellissimo vestito rosso.
Quando scese Mary vide che il salone era pieno zeppo di gente e appena mise piede sul primo gradino dell’ultima scalinata partì la musica, si trattava di un brano di Mozart, accompagnata dagli applausi e dagli sguardi di ammirazione di tutti. Mary finì di scendere la scalinata, anche se imbarazzata. Pose il piede sull’ultimo scalino di marmo bianco e il suo fidanzato Robert, tipo molto affascinante, le prese la mano.
Fecero partire le danze e ballarono ininterrottamente fino a pochi minuti prima delle 21.
Dovete sapere che si tramandava un diadema in generazione in generazione. Questo diadema era sul capo di Mary. Era molto prezioso perché al centro era incastonato un rubino che si intonava perfettamente al suo vestito.
Oltre ai nobili a questa festa c’era anche Julie, cugina del detective Jonathan, che era stato invitato per tenere d’ occhio la situazione nel caso fosse successo qualcosa di strano e inaspettato.
Finite le danze ebbe inizio il buffet, servito in una tavola molto lunga dove sopra c’erano pietanze di ogni tipo e da ogni dove. Mangiarono tutti spensierati, tutti tranne una, e questa persona era Mary che aveva deciso di allontanarsi dalla folla. Voi penserete che fosse impossibile. Come era possibile che la festeggiata si annoiasse o si sentisse fuori posto? Eppure Mary si sentiva un’estranea.
Allo scoccare della mezzanotte improvvisamente le luci si spensero e la musica si fermò. Tutti iniziarono a gridare, finché il personale chiese di far silenzio e di mantenere la calma. La gente ci provò e a un certo punto scese un silenzio tombale, ma dai lati della sala si elevò un urlo. Tutti si girarono nella direzione da dove proveniva e in quel preciso istante si riaccesero le luci con la musica che ripartì. Ma nessuno ci prestò attenzione: erano tutti scioccati da quello che videro quando la luce si era riaccesa. Alcuni corpi erano accasciati per terra e del sangue era sparso sul pavimento. Tra i corpi senza vita c’era anche quello del padre di Mary, il signor Morrison.
Mary a quella vista si sentì mancare. La vista si annebbiò e svenne tra le braccia del suo fidanzato. Si svegliò sul suo letto a baldacchino e ricordando del padre morto si sentì di nuovo male. In piedi vicino a lei e preoccupato c’era il detective Jonathan, che era innamorato proprio di lei. Mary si toccò il capo e si accorse che non aveva più il diadema. Chiese che fine avesse fatto anche se la risposta la poteva immaginare. Jonathan le confermò il dubbio dicendole che era stato rubato. Mary impallidì di nuovo.
Intanto Julie stava nascosta nell’ ombra e ascoltava la conversazione. Pensò che quei due fossero fatti l’uno per l’altra.
Jonathan spiegò a Mary le indagini, i vari ritrovamenti e gli indizi. Mentre spiegava tutto questo Julie ascoltava e prendeva appunti nel suo taccuino. Riportava tutto quello che usciva dalla bocca del cugino. Però non era d’accordo con lui su diversi aspetti. Quindi decise di intraprendere le indagini per conto proprio.
Iniziò dal corpo del Lord e, come sospettò, trovò un indizio tra le mani del cadavere. Erano sporche di glassa al cioccolato. Poi ritrovò la stessa e medesima glassa anche sul cuscinetto dove doveva trovarsi il diadema. Si recò nelle cucine e cercò qualche altro indizio e lo trovò: la torta per il compleanno era fatta di glassa alla fragola e al cioccolato.
Cercò il maggiordomo e lo trovò che piangeva mentre spolverava le vecchie foto di famiglia. Julie si schiarì la voce e il maggiordomo sentendola entrare si asciugò le lacrime con la manica del suo completo nero e chiese educatamente cosa la portava da lui. Lei si presentò come aiutante del detective e rispose che le serviva la lista degli invitati alla festa. Lui gliela porse e Julie, dopo aver ringraziato, andò a cercare il cuoco.
Chiese chi tra gli invitati era allergico al cioccolato.
Julie confrontò la lista del cuoco con quella del maggiordomo e eliminò dei nomi.
Mentre andava verso l’atrio decise di deviare verso la centralina principale dell’elettricità e sullo sportello trovò un pezzo di stoffa blu strappato. Allora ragionò che non poteva essere stato qualcuno della servitù siccome tutti indossavano divise blu.
Cancellò anche delle persone che stavano vicino a lei. Poi si ricordò che c’era una telecamera che era stata messa lì per riprendere le scene più importanti della festa e si ricordò che al buio attivava la modalità a infrarossi. Corse alla sala registrazione dei video e, per fortuna il colpevole non ci aveva pensato. Julie visionò il tutto e vide il colpevole: il fidanzato di Mary!
Julie stessa non ci credeva.
Julie chiamò Jonathan che si arrabbiò moltissimo, ma dopo ogni spiegazione si complimentò.
Chiamarono il commissario di polizia che arrivò al palazzo per arrestare il colpevole. Mary incuriosita da tutto quel trambusto scese di sotto e chiese cosa stesse succedendo. Tutto era davvero incredibile. La ragazza non riusciva a credere alle parole di Julie.
Robert non rispose nulla, mentre veniva portato al commissariato.
Mary sconvolta corse tra le braccia di Jonathan e scoppiò a piangere.
Lui cercò di calmarla e le donò un tenerissimo bacio sulla fronte.
Qualche mese più tardi si festeggiò la loro festa, il fidanzamento tra Mary e Jonathan.
Poi ancora qualche anno e anche il matrimonio, e poi… i figli.
Per fortuna Mary ritrovò pace e felicità.

Anna, 1D


Ibra, l’eroe

Il 21/02/1969 a Milano si avviò una ricerca per trovare una ragazza di nome Nicole. Lei era scomparsa da due giorni. Ma il suo vicino di casa di nome Ibra che tutti pensavano fosse strano, avviò una ricerca per trovarla. Lui in realtà quando era più giovane era uno degli investigatori più famosi, aveva anche un cane professionista di nome Rox, era un pastore tedesco. Ibra entrò nella casa di Nicole per cercare un indumento che avesse il profumo della ragazza, solo che i carabinieri lo trovarono e lui fu costretto a scappare per continuare l’indagine con il cane che aveva preso la maglietta di Nicole e con tutti gli attrezzi. Si nascose in un hotel privato e incominciò a cercarla in tutta Milano, con dei travestimenti. Dopo tantissimo tempo trovò la persona che l’aveva rapita, era un certo Matteo e, dopo aver scoperto dove abitava, andò a casa sua e lì prese una sua maglia per farla annusare a Rox poi partì alla ricerca di Nicole. Rox portò  Ibra in una vecchia casa abbandonata dove c’era Nicole che era legata a una sedia, lui tirò fuori dalla tasca una pistola e sparò sulla gamba al rapitore,  poi lo portò dai carabiniere insieme a Nicole.
I carabinieri arrestarono l’uomo, riportarono Nicole a casa e Ibra diventò il migliore investigatore d’Italia.

Giulia  1A


Molly la detective

Era una notte buia con molta pioggia e tutti i negozi erano chiusi per colpa del cattivo tempo. C’era solo un piccolo ristorante ancora aperto con un cartello con la scritta in rosso ed elegante con il nome del ristorante che si chiamava “Il ristorante dorato”. Lì c’era una ragazza di nome Molly, la sua astuzia era geniale, era intelligente e quando si doveva fare un calcolo lei era la prima a risolverlo. Però a nessuno serviva la sua astuzia e la sua tenacia perché era la cameriera del ristorante e in più era un’orfana. Mentre puliva un tavolo si sentì un urlo di un uomo che diceva: -NOOOO!!!- A lei sembrava un urlo di uno che stava morendo, infatti, uscì e trovò proprio un cadavere. Tutte le persone dicevano che era un detective che qualcuno aveva ucciso con un colpo di pistola. Così le persone tutte tristi se ne andarono tranne Molly che indagò con la polizia, fino a che un poliziotto disse alla ragazza: -Ehi ragazzina non puoi stare lì, è pericoloso quindi è meglio che torni a casa. Ok? – Allora la ragazza con i suoi calcoli disse: -Secondo i miei calcoli lui è il detective Lucas Bembinton e il ladro ha pure rubato la sua lente di ingrandimento dorata e piena di gemme preziose. È vero o no poliziotto? – Il poliziotto era senza parole e disse: – Ma tu come lo sai?!- E la ragazza rispose: – Intuito-. Allora il poliziotto pensò che stava mentendo e che fosse solo fortuna, così per metterla alla prova le disse: – Allora fammi il calcolo 2+2-3 per 3000: 230 e se non lo sai fare per un…- E la ragazza senza sentire l’ultima parola del poliziotto indovinò subito il calcolo diede il risultato del calcolo, così il il poliziotto decise di farla indagare insieme agli altri poliziotti. Dieci minuti dopo la ragazza andò nella stazione di polizia e il poliziotto di prima disse: – ehi ragazza vedi l’armadietto arancione davanti a quella porta marrone, lì troverai la tua tunica da detective e avrai il tuo ufficio. Quindi benvenuta nella stazione di polizia Molly!– La ragazza era piena di gioia e decise di andare a risolvere subito il caso nel suo nuovo studio. L’ufficio aveva le pareti marroni e il pavimento color panna, poi nello sfondo c’era la sua scrivania e dietro alla scrivania una finestra con le serrande (perfette per spiare fuori).
La ragazza era davanti a 2 tabelle di cuoio perché in una si doveva mettere le foto dei sospettati, sull’altra si doveva mettere schemi per analizzare le astuzie del colpevole, delle foto per sapere il colpevole e i suoi strumenti di omicidio. Ma la ragazza prese un foglio, una penna e fece uno schema per analizzare il colpevole, le sue astuzie e le armi per l’omicidio. Molly faceva molti schemi per analizzare il colpevole ma in ogni schema sentiva che sbagliava e che era ancora sul punto d’inizio. Così uscì per scoprire se c’erano altri indizi. Mentre camminava non trovava niente che potesse avere a che fare con l’omicidio, ma all’improvviso vide una signora e due uomini che le stavano rubando una collana che indossava al collo che però i ladri non riuscirono a togliere, allora uno dei due uomini disse: – Uccidiamo la signora così la collana da cento mila dollari sarà nostra. Che ne pensi amico mio? – La ragazza non sapeva cosa fare però si ricordava che nella sua giacca aveva una pistola. Così pieno di coraggio si avvicinò al collo di uno dei ladri e disse: – MANI IN ALTO! – Allora i ladri si spaventarono moltissimo. La ragazza prese delle manette, poi si voltò verso la signora e disse: – Mi segua signora!- Arrivata al centro di polizia i poliziotti fecero le foto ai sospettati e li mandarono nella stanza dove si interrogano i sospettati. La ragazza era seduta su uno sgabello e davanti a lei c’erano i ladri e la signora. La prima a parlare fu la signora che mentre stava andando a casa questi due uomini l’avevano assalita. Poi la ragazza chiese ai ladri se avevano ucciso loro un detective assoldati da qualcuno. I ladri a quel punto si alzarono di scatto e tentarono di fuggire. La ragazza li inseguì a grande velocità e li raggiuse in un nascondiglio segreto, accompagnata da altri due poliziotti. Iniziò una sparatoria dopo la quale uno dei delinquenti si tolse la maschera e si scoprì che era il signore del museo ma la ragazza gli disse: – Perché hai ucciso il detective? – E il ladro rispose che era arrabbiato con il detective che non era riuscito a risolvere un caso per lui molto importante. Alla fine il ladro fu messo in prigione. Molly ricevette il premio di miglior detective dell’anno.

Emma, 1A

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